
Ambienti antichi e ricchi
Le foreste pluviali e nebulose tropicali sono tra gli ecosistemi più antichi e biologicamente ricchi della Terra. Gli antenati delle attuali foreste pluviali (rain forest) che prosperano a bassa quota nella fascia tra i Tropici sono apparsi durante il Cretaceo (circa 140 milioni di anni fa), diffondendosi ampiamente nelle regioni equatoriali grazie a condizioni di clima caldo-umido che favorivano una vegetazione fitta e “stratificata”.
Le foreste nebulose (cloud forest), un tipo di foresta pluviale montana legata alla formazione della nebbia, si sono sviluppate più tardi, nelle zone montuose dove una copertura nuvolosa persistente avvolge le foreste a quote medio-alte (in genere da 1.000 a 3.000 metri sul livello del mare).
A cavallo dell’Equatore o sulle montagne tra i Tropici
Dal punto di vista biogeografico, le foreste pluviali sono confinate nella stretta fascia compresa tra 23,5° N e 23,5° S (tra il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno) e concentrate intorno all’Equatore, in particolare nel Bacino Amazzonico (Sud America), nel Bacino del Congo (Africa) e nel Sud-Est Asiatico, in particolare Indonesia, Malesia e Papua-Nuova Guinea. Dato che la maggior parte delle grandi masse continentali della Terra si trova a nord di questa regione, le foreste pluviali occupano inevitabilmente un’area limitata, coprendo nel loro insieme meno del 7% della superficie terrestre, ma ospitano oltre il 50% delle specie terrestri conosciute e sono di gran lunga il bioma terrestre più ricco di biodiversità del pianeta.
Le foreste nebulose, più frammentate e discontinue, si localizzano soprattutto sulle pendici delle Ande (Sud America) e dei sistemi montuosi dell’America Centrale, sulle montagne dell’Africa Orientale e nel Sud-Est asiatico, tipicamente lungo i sistemi montuosi che intercettano l’umidità oceanica. Sebbene meno estese, le foreste nebulose ospitano una biodiversità unica, adattata a condizioni fresche, umide e ombreggiate, e presentano alti livelli di endemismo (soprattutto per piante come orchidee, felci e bromeliacee e per animali come anfibi e uccelli) a causa della frammentazione e dell’isolamento degli habitat che conseguono ad un’orografia accidentata di valli e di creste. Queste barriere naturali impediscono alle specie di spostarsi verso altre aree forestali, e inoltre le sottostanti foreste di pianura e le ripide pareti rocciose sovrastanti creano ulteriori ostacoli al movimento degli organismi e quindi al flusso genico.
Rilevanti per la biodiversità, ma non solo…
In entrambi i tipi di foresta, pluviale e nebulosa, la stratificazione verticale degli ambienti e la presenza di numerosi microhabitat favoriscono la specializzazione di nicchia e la diversificazione evolutiva degli organismi, rendendo tutte e due le foreste di grande rilievo per la biodiversità globale. Oltre al significato ecologico ed evolutivo, le foreste pluviali tropicali e le foreste nebulose contribuiscono a regolare il clima globale, a mantenere la regolarità delle precipitazioni e a proteggere da inondazioni, siccità ed erosione. Inoltre, immagazzinano immense quantità di carbonio e producono e rilasciano una parte significativa dell’ossigeno mondiale.
Foreste al mare
Lungo le coste sabbiose tra i Tropici, le foreste pluviali lasciano il posto alle foreste di mangrovie, adattate a crescere in ambienti salini e ricchi di limo (acque salmastre), principalmente lungo i delta dei fiumi, gli estuari e le lagune costiere. Queste foreste hanno in genere una bassa diversità arborea, costituita principalmente dalle varie specie di mangrovie, alberi e arbusti adattati a vivere in condizioni di suolo intriso di acqua salata, dotati di radici respiratorie specializzate (pneumatofori) che emergono dal fango povero di ossigeno e aggregati in foreste rade di aspetto “frammentato”. Nonostante la relativa povertà di specie, le mangrovie svolgono un ruolo ecologico fondamentale, poiché fungono da zone di riproduzione e da nursery per molti organismi marini; inoltre, il loro intrico di radici è fondamentale per la protezione delle coste, poiché funge da barriera naturale contro le mareggiate e l’erosione ondosa.
Quante specie nelle foreste tropicali? E perché?
Il numero esatto di specie che popolano le foreste pluviali tropicali del mondo rimane ancora sconosciuto: le stime vanno dai 3 ai 50 milioni, confermando le foreste pluviali gli ecosistemi terrestri senza dubbio più ricchi di biodiversità.
Questa straordinaria biodiversità non è casuale, ma è il risultato di condizioni evolutive, climatologiche ed ecologiche uniche. Il clima caldo e umido delle foreste pluviali tropicali è uno dei principali fattori che ne determinano l’eccezionale biodiversità. In generale, la diversità delle specie e la produttività degli ecosistemi aumentano con la quantità di energia solare disponibile, perché la luce solare, “catturata” dalle foglie della chioma attraverso la fotosintesi, viene convertita in carboidrati semplici che alimentano l’intero ecosistema entrando nelle complesse reti alimentari. Le foreste pluviali tropicali hanno la più alta produzione primaria netta media (calcolata come quantità di carbonio fissato dalle piante) di qualsiasi ecosistema terrestre e l’elevata umidità della regione equatoriale favorisce ulteriormente la biodiversità garantendo un costante approvvigionamento idrico a tutti gli organismi.
Stabili, favorevoli e complesse
Anche la stabilità -a breve e lungo termine- dell’ambiente di foresta pluviale favorisce la biodiversità consentendo a piante e animali di interagire tutto l’anno senza bisogno di sospendere i loro cicli biologici d’inverno o di adattarsi a condizioni di freddo estremo o al gelo. Grazie alla “continuità” di luce solare e temperatura favorevole nel corso dell’anno (che supportano una disponibilità alimentare costante) gli organismi della foresta pluviale non soffrono di carenze alimentari stagionali, a differenza di quelli degli ecosistemi temperati. Nel corso di milioni di anni, questo ambiente stabile ha permesso alle specie di sfruttare ogni nicchia disponibile. L’intensa competizione ha portato a una specializzazione altrettanto estrema, impedendo a una singola specie di dominare un ecosistema. Inoltre, la forte interdipendenza è una caratteristica fondamentale degli ecosistemi di foresta pluviale, dove specie altamente specializzate dipendono l’una dall’altra in modi diversi: il risultato è una complessa rete di interazioni tra predatori e prede, ospiti e parassiti, impollinatori e piante, che porta a una sorprendente varietà di adattamenti: camuffamento, mimetismo, comportamenti alimentari specializzati e relazioni simbiotiche.
Un mondo in verticale
Le foreste pluviali hanno una struttura ben definita e accentuatamente “verticale”, composta da più strati, tra cui la volta o canopy, lo strato sottostante o understory, lo strato arbustivo-sottobosco e il suolo forestale. La canopy, popolata da una moltitudine di epifite (piante che crescono ancorate agli alberi invece che radicarsi nel suolo), forma una sorta di fitto “soffitto” di rami e fogliame (di alberi di varie specie che crescono ravvicinati) che si sviluppa a 30-40 metri dal suolo, occasionalmente interrotto da grandi alberi emergenti che si spingono ancora più in alto, originando talvolta il cosiddetto overstory. Al di sotto, l’understory è costituito da più livelli di chiome di altezza diversa. Nella sua parte più bassa si continua nello strato arbustivo, che si trova a pochi metri dal suolo ed è costituito principalmente da giovani alberi e piante più piccole.
Abitanti specializzati
La stratificazione delle chiome degli alberi tipica delle foreste pluviali tropicali è un fattore che favorisce e incentiva notevolmente la biodiversità, dando origine a un “sistema multistrato” di microhabitat diversificati che forniscono cibo, riparo e differenti opportunità di interazione tra le specie. Di conseguenza, si stima che il 70-90% della biodiversità della foresta pluviale si concentri nello strato arboreo.
La fauna di foresta è spesso criptica e sfuggente. Le foreste pluviali non sono caratterizzate da una grande abbondanza in termini di biomassa, ma piuttosto da un’enorme diversità: molte specie sono presenti con basse densità di popolazione e appaiono estremamente specializzate nell’utilizzo di habitat molto specifici.
Essendo le nicchie ecologiche delle varie specie alquanto definite e “strette”, nelle foreste pluviali la distruzione degli habitat può portare rapidamente all’estinzione delle specie, eliminando le condizioni precise di cui i vari organismi hanno selettivamente bisogno per sopravvivere.